30 Ottobre 2009 | |
22:30 | |
ROMA, "L'asino che vola" (vecchia sede: via Cimarra, 34) | |
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L’Asino che vola
presenta
LUIGI MARIANO
concerto in duo
con:
Luigi Mariano: voce, tastiera, chitarra
Gianni Donvito: basso e cori
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note:
primo concerto in assoluto
a “L’Asino che vola”
scaletta:
BARDAMÙ (Capossela)
IL NEGAZIONISTA
SOLO SU UN’ISOLA DESERTA
ASINCRONO
CIO’ CHE MI BLOCCA
IL GIORNO NO
IL FANTASMA DI TOM JOAD (Springsteen)
LE ISTITUZIONI (al piano)
EDOARDO
IL SINGHIOZZO
ALMENO UN GRIDO
RAI LIBERA!
L’UNTORE
COS’AVREBBE DETTO GIORGIO?
THE WRESTLER (Springsteen)
QUANTE VOLTE TI AVREI
QUESTO TEMPO CHE HO (al piano)
CANZONE DI ROTTURA
bis:
SALGO SU
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LE MIE IMPRESSIONI:
“L’asino che vola” (così come, per motivi diversi, la “Grotta dei Germogli” di Calcata, in cui suonai a marzo) non esiste non esiste non esiste. E non è infatti un caso che io abbia aperto il concerto dedicandogli “Il negazionista”. Del resto, ditemi come possa esistere a Roma un posto così delizioso e adatto all’ascolto, con varie salette in interrato per leggere o mangiare e una (col palchetto, parquet per terra, sedili lungo le pareti e coi puff e i cuscini al centro) per i concerti, un posto in cui i gestori trattano i musicisti con un garbo e un rispetto quasi referenziale, scusandosi persino di non poter dare un cachet più alto e mettendo al primo posto assoluto il valore artistico della serata e non il mero guadagno da “commerciante”. La musica in Italia è ormai gestita da commercianti con poca anima e poca vera passione musicale e questo sta contribuendo ad affossarla più di quanto si creda. Quando si incontrano posti del genere, rari, ci si chiede appunto se sia un sogno oppure qualche volta gli asini volano per davvero.
Ero fisicamente un cencio, stremato dall’imprevista sfacchinata di due ore prima, conseguente ad esaurimento-benzina, con macchina in panne, 2km a piedi per andare a riempire di carburante delle bottiglie di plastica al primo self service a disposizione, bello lontanuccio.
Quando sono particolarmente stanco, incappo a volte in un inizio-concerto un po’ incerto, abbastanza emozionato e teso, perché sento addosso la “colpa” di non essere in forma fisica ottimale e cerco invano di nasconderlo, consapevole che invece il pubblico se ne accorgerà in modo piuttosto palese. Ma forse l’emozione venerdì c’era proprio a prescindere, per vari motivi, anche se non mi capitava da un po’.
Dopo l’inizio con “Bardamù” di Capossela, appena accennata al piano, mi son subito rifugiato nell’abbraccio più familiare della mia Taylor e, accompagnato dall’impeccabile Gianni Donvito (perfetto per tutta la serata) ho, come detto, dedicato “Il negazionista” all’Asino. Poi ho proseguito con altri brani che io reputo d’inizio-concerto, di quelli cioè che con un po’ di ritmo e ironia portano il pubblico in una dimensione già gradevole, oltretutto sciogliendomi del tutto dai miei nodi emozionali; così ho suonato “Solo su un’isola deserta”, “Asincrono” e “Il giorno no”, accennando al videoclip girato in luglio.
Fin dall’inizio ho sùbito percepito (nella bellissima saletta) un’attenzione e un affetto speciali per me. Si può dire che abbiamo trovato la “situazione ambientale ideale”, quella cioè che qualsiasi musicista vorrebbe trovare ogni sera. Visto il rispetto assoluto con cui il pubblico ascoltava, non è stato per me dunque granché imbarazzante tuffarmi nella lunga parte centrale dello spettacolo, fin troppo riflessiva e con vari temi “impegnati”, sia intimisti (“Ciò che mi blocca”, “Almeno un grido”), che civili (“Le istituzioni”, “Cos’avrebbe detto Giorgio?”), che sociali (“Il fantasma di Tom Joad”, “L’untore”), che umani (“The Wrestler” di Bruce, “Edoardo” dedicata a E. Agnelli), anche perché naturalmente ho infilato qua e là altri brani (come “Il singhiozzo” o “Rai libera!”, anch’essi suonati in questa parte centrale), che in genere tendono un po’ a stemperare e ad alleggerire la tensione eccessiva dell’impegno, grazie all’ironia.
Il finale invece l’ho voluto proprio goliardico, ci stava tutto, e ho per fortuna avvertito un estremo gradimento (divertito) da parte del pubblico per questa scelta, con i miei brani più irriverenti, ossia “Quante volte ti avrei” e “Canzone di rottura”, che (prima del bis di “Salgo su”, per me abbastanza inaspettato) hanno chiuso una serata per me molto bella, che non scorderò, sia per il posto magico, che per l’affetto di tutti i carissimi amici intervenuti, che ringrazio di cuore ad uno ad uno, in particolare Nadia, Soledad ed Elisabetta. Grazie anche ai miei 3 amici cantautori accorsi e presenti in prima fila (Nicco Verrienti, Francesco Spaggiari e Umberto Papadìa).