Dopo una settimana durissima, in cui ho perso mia madre e mi sono sentito a pezzi (anche fisicamente), è stato salutare attraversare tutto il Ticino in treno, tra montagne, neve e laghi azzurri, e respirare l’aria della Svizzera, in particolare quella di Zurigo. Un’aria più pulita, più civile. Più gentile. In questi frangenti tragici della vita, la gentilezza diventa necessaria e salvifica. Questo viaggio, per me, non è stato quindi solo un concerto di lavoro o un’occasione importante di incontri umani e di esperienze. Mi è servito, come speravo, anche ad allontanare un po’ il senso di oppressione che, ad ogni ora del giorno, mi impediva di compiere i gesti più elementari. E ad iniziare un mio viaggio intimo per affrontare con più coraggio e forza il peso di un dolore.
Ho anche capito meglio, conoscendo da un po’ di anni il suo carattere, perché Pippo Pollina viva lì, in quel paradiso, durante le pause tra un tour e l’altro. E lo ringrazio di avermi coinvolto, con la stima, l’affetto e l’amicizia che da quasi 16 anni mi regala.
Giunto in stazione, ho attraversato Zurigo in tram per raggiungere l’hotel e poi, dopo la doccia calda, sono arrivato in teatro. Dal tram ho cercato di catturare, in un ampio e rapido sguardo, l’anima di questa città. Quello che ho avvertito mi è molto piaciuto: è una dimensione a misura d’uomo. Temevo l’atmosfera pre-natalizia: in genere da molti anni mi rende piuttosto insofferente, a maggior ragione ora, dopo quello che mi è successo. Invece, come per magia, a Zurigo il sapore più nordico del Natale mi ha catturato, commosso e intenerito a ogni angolo delle strade.
Il mio spettacolo veniva subito dopo quello di un grande artista e splendida persona, con cui ho avuto il privilegio di vivere questa esperienza, ossia Max Manfredi, accompagnato dall’eccellente chitarrista classico Luca Falomi.
Il calore, l’affetto e l’empatia, dimostratimi dal pubblico per tutto il concerto al “Miller’s”, oltre ad aiutarmi molto in un momento delicato della mia vita, hanno poi sfatato l’ennesimo pregiudizio sulla presunta “freddezza” dei popoli germanici. Me ne sono accorto sia dal set di Max e sia appena seduto al piano per il mio primo pezzo, quando ho detto testuale: “I don’t speak German and my English is bad. Ma parlo benissimo l’italiano!” e una risata fragorosa ha invaso tutto il teatro. Mi sembrava di stare a casa, a Roma, all’Arciliuto: mica nella Svizzera tedesca. Ho comunque alternato presentazioni in inglese a piccole battute in italiano, addirittura citando a un certo punto il mio amico Mino De Santis, coautore de “L’ottimista triste”. Ho dedicato “Canzoni all’angolo” a Pippo Pollina (“he was a busker!”, ho spiegato) e mi sono particolarmente divertito a suonare “Il solito giro di blues”. Di sicuro “Mille bombe atomiche” e “Questo tempo che ho” sono state le canzoni che sul palco ho “sentito” di più addosso, come una seconda pelle. Edoardo Petretti è stato veramente eccezionale e impeccabile dietro al meraviglioso Steinway presente sul palco del teatro, divertendosi ad aggiungere, in vari brani, anche il tocco magico della sua fisarmonica. Come spesso capita, ho però voluto suonare da solo “Edoardo” al piano. Il finale, come sempre, ha visto protagoniste in scaletta “Il negazionista” e “L’ora di andar via”. Stupenda poi l’idea (di Pippo) di voler concludere il doppio spettacolo con entrambi i cantautori sul palco, accompagnati dai propri musicisti, a interpretare un brano assieme, nel caso specifico di Fabrizio De André: “Fiume Sand Creek”. È stato tutto improvvisato al momento, ma il quartetto ha funzionato alla grande. Le prime due strofe le ho cantate io (al piano), le altre le ha cantate Max (alla chitarra), mentre Edoardo Petretti alla fisa e Luca Falomi alla classica punteggiavano ogni passaggio da par loro.
Fantastico ritrovare tra il pubblico tre cari amici italiani (Uccio, Gianni e Luigi), venuti da punti molto distanti della Svizzera. Il dopo spettacolo, con la lunga tavolata apparecchiata proprio all’ingresso del teatro e la spaghettata tutti assieme, è stata un’occasione dolcissima di convivialità e scambio amichevole con molte persone del pubblico, che (un po’ in italiano e un po’ in inglese) hanno voluto conoscere varie curiosità sui miei due dischi e hanno voluto tante dediche e qualche foto ricordo, lasciandomi dentro una grandissima voglia di ritornare.
Scaletta Zurigo:
SE NE VANNO – piano e fisa
MILLE BOMBE ATOMICHE – chitarra e piano
CANZONI ALL’ANGOLO – chitarra e piano
COME ORBITE CHE CAMBIANO – piano e fisa
L’OTTIMISTA TRISTE – chitarra e fisa
QUESTO TEMPO CHE HO – chitarra e piano
IL SOLITO GIRO DI BLUES – chitarra e piano
EDOARDO – piano
IL NEGAZIONISTA – chitarra e piano
L’ORA DI ANDAR VIA – piano e fisa
Bis:
FIUME SAND CREEK (Faber)
duetto con Max Manfredi